La morte di Benito Mazzi lascia un vuoto profondo in tutta la comunità, soprattutto in Valle Vigezzo. Il Sindaco di Santa Maria Maggiore, Claudio Cottini, lo ricorda. commosso, a nome di tutti.
Ci ha lasciati oggi un grande scrittore, non solo locale; ci ha lasciati un uomo con radici profonde, le cui opere e grandi qualità di narratore, già apprezzate da un vasto pubblico, saranno certamente rivalutate negli anni a venire. Per noi è mancato un amico, un consigliere, un uomo che ha saputo far conoscere ovunque i paesi, le storie, le persone e i personaggi di una valle che ha tanto amato e che è stata il palcoscenico delle sue innumerevoli opere.
Se ne va un appassionato cultore dell’uomo, tratteggiato sempre con estrema dignità, indipendentemente da quale fosse la sua collocazione sociale, di cui la sua innata curiosità ha catturato le vicende e i fatti direttamente nei luoghi d’incontro, nelle piazze e nelle osterie.
Propulsore di iniziative ed eventi nella sua Vigezzo, dallo sport alla cultura, ha fondato una libreria di montagna e una casa editrice, è stato appassionato giornalista, i cui editoriali erano attesi settimanalmente dai lettori sulle colonne di Eco Risveglio, del quale è stato per anni Direttore Responsabile.
Cittadino onorario di Santa Maria Maggiore, da domani lavoreremo affinché nasca il Parco Letterario Benito Mazzi che ripercorra ogni luogo da lui ricordato nei libri.
Da parte mia dell’amministrazione comunale e di tutti i miei concittadini, un abbraccio alla famiglia.Claudio Cottini, Sindaco di Santa Maria Maggiore
Anche Bruno Gambarotta, scrittore, direttore artistico del Festival Sentieri e Pensieri, ma soprattutto amico di Benito Mazzi, lo ricorda con emozione.
La scomparsa di Benito Mazzi non è stata purtroppo imprevista ma non perciò meno dolorosa. Io perdo un amico, la Val Vigezzo il suo cantore, anche se lui si è sempre sottratto ai miei tentativi di assegnargli questo ruolo. In un tempo in cui tutti si proclamano scrittori, Benito Mazzi voleva indossare le vesti di semplice cronista. Portava come prova il fatto che i suoi racconti non erano frutto dell’invenzione.
Ma scrittore lo è stato, collocandosi senza riserve nel solco della plurisecolare tradizione della grande novellistica italiana. Ha usato l’arida cronaca, questo materiale inerte, nel disegnare il ritratto di personaggi indimenticabili.
Di volta in volta, in oltre 50 anni di attività, con più di cento pubblicazioni, ha risposto alle più varie sollecitazioni del momento, con la modestia di uno che non pretendeva di avere in mente un disegno preciso, un progetto globale. La sua voce non è stata mai quella distaccata e fredda dello scienziato sociale che registra gli eventi e il loro contesto e per spiegare le leggi che li governano cerca di non farsi contaminare dall’emozione. Ha dipinto quadri di vita della Val Vigezzo che ricordano quelli di Pieter Bruegel il Vecchio, penetrando nella sostanza del parlato, con una naturalezza contraria ad ogni facilità narrativa. L’intonazione particolare della voce di Benito Mazzi ha orchestrato i vari registri del linguaggio e ogni volta ha soffiato per rianimare la brace ardente di ciò che chiamiamo vita. Non è mai stato equidistante. Ecco quindi l’invenzione di una lingua plastica che si modellava perfettamente al modo di esprimersi dei protagonisti, dei comprimari e del narratore.
Abbiamo perso un amico, un uomo per bene, animato da passioni civili, innamorato della sua piccola patria, senza mai nascondersi le asprezze e le contraddizioni della sua gente.
In ogni occasione di incontro, nei giorni del festival “Sentieri&Pensieri”, lo esortavo a progettare il grande “Romanzo della Val Vigezzo”, un arazzo dipinto tassello dopo tassello, frutto del lavoro di una vita, di una tale ricchezza e varietà quale poche altre località possono esibire. E ogni volta Benito si sottraeva, spiegando di non essere in grado di farlo. Qualcun altro, forse….
Penso che, per ricordarlo e celebrarlo degnamente, dobbiamo essere noi a prendere questo impegno, per collocare Benito Mazzi al posto che merita nel panorama della letteratura italiana del ‘900.Bruno Gambarotta