ROGER ABRAVANEL è Director Emeritus di Mckinsey, imprenditore e investitore in startups tecnologiche, consigliere di amministrazione di aziende internazionali dove guida comitati sulla sostenibilità.
È anche saggista, tra i suoi libri Meritocrazia (2008) e Aristocrazia 2.0 (2021) e, con Luca D’Agnese, Regole (2010), Italia, cresci o esci (2012) e La ricreazione è finita (2015).
LUCA D’AGNESE è Direttore CDP Infrastrutture, PA e Territorio, Cassa Depositi e Prestiti. Si occupa inoltre di advisory in ambito infrastrutturale. In precedenza, ha svolto la sua attività in Hewlett Packard e McKinsey. È stato Amministratore Delegato del Gestore della Rete di Trasmissione Nazionale. Nel 2007 è diventato Amministratore Delegato di Ergycapital. Con Roger Abravanel ha scritto Regole (2010) e La ricreazione è finita (2015).
LE GRANDI IPOCRISIE SUL CLIMA
Contro i burocrati della sostenibilità e i nuovi negazionisti del clima
Il pianeta è a rischio. Mentre l’emergenza climatica si manifesta in tutta la sua gravità, è esploso
nelle imprese l’impegno per la sostenibilità. Recentemente sta però emergendo un crescente scetticismo verso la burocrazia nata in nome dell’ambiente e del sociale, nota nelle aziende con la sigla ESG (Environmental, Social e Governance). La contrapposizione tra entusiasti e scettici è rischiosa perché partorisce una nuova forma di negazionismo climatico che ammette il problema, ma vuole rimandare le soluzioni a quando costeranno meno, o ritiene ci debba pensare solamente lo Stato. Gli errori contrapposti degli entusiasti e degli scettici sono alimentati da alcune pericolose ipocrisie. L’ipocrisia dei neonegazionisti, che si dichiarano preoccupati ma alla fine propongono solo iniziative di facciata. E l’ipocrisia dei nuovi «guru» della sostenibilità, che teorizzano un nuovo capitalismo «buono», che si rivela però una mescolanza di alcune buone regole che i bravi imprenditori hanno sempre seguito, con la pretesa di mettere in secondo piano gli obiettivi di profitto dell’impresa. Occorre invece un nuovo approccio, come si propone in queste pagine: un «triangolo della sostenibilità», che ha già realizzato progressi prima impensabili sul clima, e che richiede una nuova mentalità delle aziende per sfruttare le opportunità di innovazione offerte dal pianeta, un salto di qualità nelle politiche economiche degli Stati, e un atteggiamento più pragmatico da parte degli attivisti, oggi troppo spesso vittime di estremismi ideologici. Alla base c’è il recupero dell’idea originaria di sostenibilità, che distingue le vere crisi, che se non affrontate sono destinate a esplodere, dagli altri mille problemi sociali e ambientali del mondo, dei quali le imprese non possono occuparsi. Un saggio illuminante e provocatorio che rivela anche luci e ombre dell’economia italiana nel fronteggiare l’emergenza climatica: se le potenzialità di innovazione sono numerose, la capacità del Paese di sfruttarle è ancora troppo debole.